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L’oro nell’arte delle Antiche Icone

Pubblicato da: Antiche Icone Russe Commenti: 0

Il simbolismo dell’oro

“Il simbolo è sempre un ponte che collega il visibile all’Invisibile e li trasporta uno nell’altro” (P. Evdokimov)

“L’Icona si dipinge sulla luce, la luce si dipinge con l’oro” (P. Florenskij)

<<…Nell’iconografia, i colori si ordinano attorno al “sole che non tramonta mai”. Ogni colore dell’arcobaleno trova il proprio senso nella raffigurazione della gloria divina trascendente. Ma, fra tutti i colori, solamente l’oro solare suggerisce la vita divina, tutti gli altri sono comparse. Soltanto Dio, splendente come il sole, è la sorgente della luce reale e i colori che lo circondano esprimono la vera natura della creazione, il cielo e la terra glorificati che costituiscono il tempio vivente del Signore, il tempio “non creato da mano d’uomo”.

L’iconografo, per mistica intuizione, ha svelato anticipatamente il mistero dello spettro solare, scientificamente scoperto parecchi secoli più tardi. È come se avesse sentito, nella pluralità dei colori, la rifrazione multicolore dell’unico, solare mistero della vita divina. Questo colore divino ha, nell’arte iconografica, un nome specifico, quello di assist. Il modo di rappresentarlo è assai notevole: l’assist non ha mai l’aspetto massiccio, compatto dell’oro terreno; assomiglia invece a una ragnatela aerea, eterea, costituita di raggi dorati molto leggeri che provengono da Dio e illuminano di splendore divino tutto quello che incontrano. Quando vediamo l’assist in un’icona, questa suppone sempre – e la indica – la presenza della Divinità come sorgente dell’assist.

L’assist esprime la glorificazione attraverso la luce divina, più precisamente segna ciò che penetra nella vita divina e ciò che le si presenta molto vicino. Così sono ricoperti di assist le vesti della “Sofia”, la Sapienza di Dio, e quelle della Madre di Dio rapita in cielo dopo la Dormizione. È ancora l’assist che spesso fa scintillare le ali degli angeli; è l’assist che dora le cime degli alberi del Paradiso ed è ancora con l’assist che a volte ricopre, nelle icone, le cupole delle chiese. È significativo che, nelle rappresentazioni iconografiche, le cupole non siano ricoperte di uno strato compatto d’oro, ma di raggi e scintillii dorati, i quali, grazie alla loro eterea leggerezza, evocano una luce vivente, ardente, come animata. È l’assist che fa sfavillare le vesti di Cristo glorificato, brillare come fuoco gli ornamenti del trono della Sapienza e ardere nei cieli le cime delle chiese. Ed è proprio per questo splendore vivente, per questo dinamismo scintillante che la gloria ultraterrena si distingue da tutto ciò che è terreno e non è ancora glorificato. Il mondo terreno può tendersi verso l’alto, può imitare la fiamma, ma sono solo i fastigi della vita religiosa che si inondano di vera luce. E con l’imitazione dell’oro spirituale si può intravedere lo splendore ultraterreno.

Questi colori, nel loro simbolismo ultraterreno, sono utilizzati nell’antica iconografia russa con una straordinaria intuizione artistica. Qui l’assist non si trova nelle rappresentazioni della vita terrena di Cristo, dove si sottolinea la sua natura umana, dove si cela la sua Divinità “sotto l’aspetto del servo”, ma l’assist riappare quando si vuol mostrare Cristo glorificato o si vuol far sentire che la sua glorificazione è vicina. L’assist si trova spesso nella rappresentazione di Gesù Bambino quando l’iconografo tende a sottolineare l’idea dell’eterno bambino. Di assist sono ornate le vesti di Cristo nella Trasfigurazione, nella Risurrezione e nell’Ascensione. E Cristo risplende ancora di Divinità quando strappa le anime dall’inferno e ritrova il ladrone in Paradiso.

Ogni volta che gli iconografi hanno dovuto rappresentare la distinzione e l’interpenetrazione del creato e dell’increato hanno usato l’assist con un’arte impressionante. Ne sono esempio le antiche icone che mostrano la Dormizione della Madre di Dio: in quelle migliori si vede con evidenza e al primo colpo d’occhio che la Vergine sul letto di morte, con vesti scure e tra i congiunti si trova corporalmente nel piano della natura terrena, tal come la vediamo con i nostri occhi mortali. Per contro, Cristo in piedi alle spalle del letto funebre, con vesti luminose e tra le mani l’anima di sua Madre in aspetto di un infante, dà l’impressione dell’apparizione ultraterrena, del mondo invisibile. Cristo arde, risplende, sprizza scintille e si distingue dai colori, intenzionalmente cupi, del piano dell’esistenza terrena proprio per l’eterea leggerezza dei raggi dell’assist. >>
(E. N. Trubeckoj: “Due mondi nell’antica iconografia russa”, Mosca, 1916)

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