Il Santo fra i più amati dai russi.
San Sergio, citato come “il padre spirituale” della Russia, è il Santo fra i più venerati dell’Oriente cristiano il cui carisma, tra il XIV e il XV secolo, rigenerò il patrimonio spirituale dell’Ortodossia.
Ma chi era San Sergio di Radonež?
Al giovane Bartolomeo, secondo di tre figli di Cirillo, un boiaro di Rostov, non andava bene lo studio. I maestri lo rimproveravano, gli amici lo stuzzicavano. Un giorno, cercando per campi i cavalli che si erano sparsi, Bartolomeo incontrò uno starec, ovvero un prete e padre spirituale. Questi avendo conosciuto il fanciullo, sconfortato per gli insuccessi negli studi, lo consolò e gli diede da mangiare un pezzo di prosfora, pane benedetto usato durante la comunione. Poi accompagnò Bartolomeo a casa dove rimase per il pranzo e, prima di mangiare, ordinò al giovinetto di leggere a voce alta i Salmi. Bartolomeo, spaventato, dapprima si rifiutò; poi, però, vide le lettere, davanti ai suoi occhi, che componevano parole sensate ed iniziò a pronunciarle correttamente. Andandosene, lo starec disse ai genitori: “Vostro figlio sarà grande davanti a Dio!”. Questo, nelle cronache, fu uno dei primi miracoli nella vita di San Sergio di Radonež. Fu allora che egli cominciò a sognare la vita monastica, a cui poté dedicarsi solo dopo la morte dei genitori. Il 23enne Bartolomeo, infatti, fu accolto dai monaci con il rito della tonsura solo nel 1342 e prese il nome di Sergio. Nel 1354 venne ordinato sacerdote. La fama delle sue azioni prodigiose si diffuse rapidamente: si diceva, fra l’altro, che vivesse nei boschi con le fiere e accostasse gli orsi. Sergio e i suoi genitori furono cacciati dalla loro casa dalla guerra civile e dovettero guadagnarsi da vivere facendo i contadini a Radonez, a nord-est di Mosca.
A vent’anni Sergio iniziò una vita da eremita, insieme a suo fratello Stefano, nella vicina foresta; in seguito altri uomini si unirono a loro e ciò che ci vien detto di questi eremiti ricorda i primi seguaci di San Francesco d’Assisi, specialmente per quanto riguarda il loro atteggiamento verso la natura selvaggia. Uno scrittore russo diceva che la loro testa “odorava di fresco legno d’abete”. Nel 1354 essi si trasformarono in monaci conducendo una vera e propria vita comune; questo cambiamento provocò dei dissensi che avrebbero potuto spaccare per sempre la comunità se non fosse stato per la condotta assennata di San Sergio. Fondarono un monastero che divenne il Monastero della Santa Trinità, il quale diventò, per il monachesimo della Russia settentrionale, quello che le Grotte di san Teodosio erano state per la provincia di Kiev nel sud. Sergio fondò altre case religiose, direttamente o indirettamente e la sua fama si diffuse moltissimo.
Nel 1375 rifiutò la sede metropolitana di Mosca, ma usò la sua influenza per mantenere la pace fra i principi rivali. Quando Dimitrij Donskoj, principe di Mosca nel 1380, lo consultò per chiedere se dovesse, lui, continuare la sua rivolta armata contro i signori tartari, Sergio lo incoraggiò ad andare avanti: ciò portò alla grande vittoria di Kulikovo. Alla morte dei genitori, Sergio, spinto da visioni mistiche che lo spronavano a dedicarsi totalmente alla fede, convinse il fratello Stefano ad abbandonare il monastero dove risiedeva e a seguirlo nella vita claustrale. Nel profondo della foresta, nei pressi della collina Makovec, i due decisero di costruire una piccola cella e una chiesa dedicata alla Trinità. In tal modo venne fondato il primo nucleo del monastero che diventerà famoso con il nome di Troice-Sergieva Lavra.
Molte leggende sono confluite a delineare il suo carattere, caratterizzato da una straordinaria mitezza e umiltà. Epifanio racconta che una volta ordinò di custodire il fieno per gli animali nella propria cella o decise di invitare a desinare nel refettorio un contadino che lo aveva insultato. Come i monaci del Monastero delle grotte di Kiev anche Sergio e i suoi confratelli si dice fossero spesso visitati da demoni che tentavano invano di spaventarli o di farli cadere in tentazione. Il Santo è inoltre considerato dalla Chiesa ortodossa il primo russo a contemplare la Madre di Dio.
San Sergio è, fra i santi russi, fra i più amati, non soltanto per l’influenza che ebbe in un periodo critico della storia russa, ma anche per il tipo di uomo che era. Per il carattere, se non per l’origine, era semplice, umile, serio e gentile. Insegnò ai suoi monaci che servire gli altri faceva parte della loro vocazione e le persone che indicò loro come modelli erano gli uomini dell’antichità che avevano fuggito il mondo, ma aiutavano il loro prossimo; veniva posta un’enfasi particolare sulla povertà personale e comune e sullo sradicamento dell’ostinazione.
San Sergio, che morì nel 1392, era rattristato dal peccato della divisione tra gli uomini e pregava la Santissima Trinità di poter vincere tale peccato. Il venerato monaco non ha lasciato nessuno scritto. Della sua vita e delle sue opere abbiamo notizie soprattutto grazie agli scritti del frate Epifanio, e grazie ad altri annali. Però la memoria di lui nella Chiesa russa è molto viva: fino ad oggi rimane il più amato santo russo. Le sue reliquie si preservano nella Laura della Trinità di San Sergio, vicino a Mosca, nella città di Serghiev Posad. Attraverso il suo discepolo Nil Sorskij si diffuse l’esicasmo, (dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell’Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto – IV secolo).
S. Sergio dì Radonez fu canonizzato in Russia prima del 1449.